mercoledì 24 marzo 2021

“Al limite della notte” di Michael Cunningham

TITOLO: Al limite della notte (Titolo originale “By Nightfall”)
AUTORE: Michael Cunningham
CASA EDITRICE: Bompiani Editore
GENERE: Narrativa
TRADUTTORE: Andrea Silvestri
Peter Harris, il protagonista di “Al limite della notte” del Premio Pulitzer Michael Cunnigham, è un gallerista di New York di quarantaquattro anni nella cui vita, almeno in apparenza, sembra non mancare nulla: ha un lavoro che può considerarsi soddisfacente e di successo, il suo matrimonio con Rebecca, donna affascinante e determinata, sembra procedere senza problemi, sua figlia Bea è andata a Boston per frequentare il college.
In realtà le cose non sono davvero come sembrano: la sua galleria d’arte non riesce a fare quel salto di qualità necessario per potersi collocare in una posizione di primo piano, la relazione con sua moglie si sta raffreddando ogni giorno di più, per non parlare del difficile rapporto con la figlia che ha abbandonato gli studi per lavorare nel bar di un albergo e a stento gli rivolge la parola: «Che livello di disperazione bisogna raggiungere per sopportare la separazione, andarsene e vivere la propria vita senza qualcuno che ci conosce a fondo?»
Peter cerca di dissimulare la propria infelicità, ma al di là delle beghe quotidiane, traspare la sua irrequietezza, una tensione emotiva che lo spinge a cercare qualcosa che vada oltre ciò che lo circonda: «Riesce a sentire qualcosa, qualcosa che si addensa ai confini del mondo. Un’attenzione furtiva, un nembo oro scuro tempestato di luci viventi come pesci nelle nere profondità oceaniche; un ibrido tra una galassia, il tesoro di un sultano e una divinità caotica, imperscrutabile». Peter è un attento estimatore della bellezza in tutti i campi e il suo anelito principale è riuscire a percepire una bellezza superiore che gli consenta di elevarsi, pur avvertendone i pericoli: «È trito, è sentimentale, non ne parla con nessuno, ma in certi momenti – questo ad esempio – lo sente come l’aspetto più essenziale della sua personalità: la convinzione, nonostante tutte le prove del contrario, che una qualche tremenda, accecante bellezza stia per discendere e, come l’ira di Dio, risucchiare tutto, rendendoci orfani, liberandoci, lasciandoci lì a domandarci come faremo a ricominciare da capo».
Cunningham, con una trama in apparenza lineare, ha dato vita a un romanzo complesso e ricco di sfumature, con una narrazione non sempre agevole, a tratti ipnotica, che quasi travolge il lettore attraverso il flusso di coscienza di Peter, il vagare della sua mente tra sensazioni, aspirazioni e desideri, con continue digressioni, flashback del suo passato, dialoghi quasi fulminei. Si tratta, senza dubbio, di una scrittura di altissimo livello, densa di riferimenti artistici e letterari, quasi un romanzo – saggio dedicato all’impatto dell’arte e della bellezza sull’umanità.
Fulcro della narrazione è l’arrivo di Ethan, detto Erry, il fratello di sua moglie Rebecca, che trascorre alcuni giorni nel loro appartamento. La speranza di Rebecca è che suo fratello possa finalmente mettere la testa a posto, trovare un lavoro e iniziare un’esistenza normale, augurandosi che Peter possa aiutarla a raggiungere questo obiettivo. Erry è molto giovane, ultimo arrivato in una famiglia che forse lo ha adorato fin troppo senza aiutarlo davvero a crescere, ha avuto problemi di dipendenza dalle droghe, ma è apparentemente pulito da un anno. Il suo fascino giovanile, il suo modo di fare totalmente disinibito, la sua capacità di sedurre praticamente chiunque sono tutti elementi che non lasciano indifferente Peter. Il gallerista inizia a provare una misteriosa attrazione per suo cognato, una sensazione che finora non aveva mai provato per un uomo, se non in qualche sporadica fantasia, e che lo induce non solo a porsi interrogativi sulla propria sessualità, ma anche a cercare di capire i motivi di tale seduzione: «È innegabile che sia un’altra Rebecca, ma non è tanto questione di somiglianza, quanto di vera e propria reincarnazione […] Non è difficile immaginarlo seduto da buon discepolo al bordo di un giardino sacro. Anzi, assomiglia un po’ a un san Sebastiano rinascimentale, rapito nella contemplazione. Ha queste onde di capelli color moka, queste gambe e queste braccia muscolose, di un bianco roseo».
L’arte rimane, comunque, un tema fondamentale di questo libro. Peter è alla ricerca di artisti talentuosi che possano esporre nella sua galleria, garantendo un buon ritorno in termini di vendite, ma non riesce a piegarsi all’idea di ricercare il solo profitto, nutrendo, invece, la speranza di poter fare passi avanti anche nella ricerca estetica e artistica, nello «sforzo di trovare l’equilibrio tra passione e ironia, tra bellezza e rigore, aprendo nel far ciò uno spiraglio nella sostanza del mondo». Ritorna spesso l’idea della ricerca di una bellezza superiore, di un genio artistico che possa consentire di fare il salto di qualità: «Peter ama i brevi periodi durante i quali la galleria è sgombra d’arte. C’è qualcosa nell’austera perfezione dello spazio che promette un’arte superiore a quella che qualunque umano, per quanto brillante, può produrre. […] L’arte che realizziamo vive in un equilibrio instabile con l’arte che possiamo immaginare, l’arte che la sala si aspetta».
Peter ama sottolineare spesso il suo modo di concepire l’arte come strumento per catturare la giovinezza, quella situazione ideale che ognuno di noi brama di possedere, e attraverso l’osservazione di opere di Rodin e Manet mostra come queste siano l’unico mezzo per garantire l’immortalità: «Adesso è immortale, è una grande bellezza storica, essendo stata purificata dall’attenzione di un grande artista. Certo, non possiamo fare a meno di notare che Manet evitò di ritrarla vent’anni dopo, quando il tempo aveva cominciato a fare il suo lavoro. Il mondo ha sempre venerato la giovinezza. Che il mondo sia maledetto»
L’autore nello svolgimento della narrazione mette in luce tutte le sensazioni contrastanti che albergano nell’animo di Peter. Vi è il rammarico di non essere stato un buon padre, di non essere riuscito ad accettare la figlia per ciò che era e di aver fatto pesare nel loro rapporto le perplessità su alcuni aspetti della vita della ragazza e in questo suo esame di coscienza il rimpianto si alterna al cinismo, nel tentativo di scrollarsi di dosso alcune colpe: «Stanotte sente il bisogno di lasciarle un messaggio. Sente il bisogno di lasciarle un bouquet davanti alla porta di casa sua, sapendo che i fiori appassiranno e moriranno lì».
Vi è lo struggimento per suo fratello Matthew, morto molto giovane (probabilmente per aver contratto l’HIV anche se non viene mai esplicitato): è difficile per Peter accettare che la vita di una persona cui si era sentito molto legato possa essersi risolta nel nulla così presto, per cui avverte un estremo bisogno di catturare la giovinezza nell’istante in cui si manifesta, di «favorire la creazione di qualcosa di meraviglioso, di qualcosa in grado di resistere al tempo». Nella sua mente ricorre spesso un ricordo molto nitido legato a suo fratello e a una cara amica di cui Peter si era invaghito da adolescente, con il rimpianto di non poter avere più ciò che è stato: «Non era questo il vero messaggio di quella giornata, decenni fa, quando Matthew e Joanna camminarono nelle secche del lago Michigan e apparvero a Peter come l’incarnazione della bellezza?».
“Al limite della notte” è, dunque, un romanzo ricco di arte e di sensualità nella sua forma più elevata, una dedica appassionata alla bellezza e alla giovinezza, queste ultime incarnate nel bellissimo Ethan, seducente e sfrontato in cui Peter rivede qualcosa che gli ricorda sia suo fratello che sua moglie. Le emozioni contrastanti nei confronti di questo giovane disperato, licenzioso, sregolato, tossico, saranno una vera e propria guida emotiva e porteranno Peter a esplorare se stesso e i propri desideri in una narrazione intensa e coinvolgente: «La bellezza – la bellezza che Peter desidera ardentemente – è dunque questa: un viluppo umano di grazia fortuita, destino tragico e speranza».

VALUTAZIONE: 4,5/5

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